Cristina Contri e Francesco Mele - 06-05-2004
È un periodo duro questo, ma appassionante.
È un momento in cui si dorme poco la notte e si è stanchi tutto il giorno, rincoglioniti dal riposo offerto alla lotta, eppure, come nei momenti importanti, si ha voglia di esserci.
È in corso un attacco alla scuola pubblica senza precedenti. E finalmente la contrarietà verso l’idea di scuola espressa da questa riforma ha imboccato la strada della protesta.
Ora non sarà facile fermarci, zittire questo fermento, questa preoccupazione, questa rabbia che si va trasformando in passione.
Non si tratta solo di dire di no, la nostra protesta non è una resistenza passiva, ma, al contrario un movimento attivo che produce azioni, mobilita idee e pensieri, fino a contaminare il professionale. Un esempio di questa contaminazione generativa è quello che sta succedendo a proposito della non adozione dei libri di testo.
Le case editrici ci impongono libri di testo costruiti secondo le indicazioni nazionali allegate al decreto 59? Bene, noi non li adottiamo. Ancora più grave è il fatto che le case editrici abbiano redatto i libri seguendo le “raccomandazioni”, quelle appendici alle indicazioni nazionali che poi sono sparite dopo la sperimentazione burla; ricordate?
Allora noi quei libri non li vogliamo, noi facciamo senza!
Questa protesta è importante perché non solo rivendica il rispetto di quelle procedure che garantiscono la democrazia e la pluralità, ma con essa noi ci ribelliamo al fatto che siano le case editrici, e quindi l’imprenditoria, il mercato, a dettare i programmi scolastici, a imporci i contenuti disciplinari, a dirci come fare scuola.
Noi pensiamo che possiamo farcela. Possiamo farlo in molti. Abbiamo cominciato timidamente, dicendo, con un tono sommesso:
- una soluzione ci sarebbe, ma costa fatica.
Si diceva, un po’ sottovoce:
- ci sarebbe l’adozione alternativa, si potrebbe costruire il libro di testo.
Lo si diceva come una provocazione, come una sfida, un grido lanciato nel vuoto senza troppa voglia di crederci. Perché costruire il libro da soli a scuola è dura. Un sacco di lavoro.
Da soli sì, ma in tanti?
E come spesso accade, vale la pena frequentare le utopie.
>>> continua...
È un momento in cui si dorme poco la notte e si è stanchi tutto il giorno, rincoglioniti dal riposo offerto alla lotta, eppure, come nei momenti importanti, si ha voglia di esserci.
È in corso un attacco alla scuola pubblica senza precedenti. E finalmente la contrarietà verso l’idea di scuola espressa da questa riforma ha imboccato la strada della protesta.
Ora non sarà facile fermarci, zittire questo fermento, questa preoccupazione, questa rabbia che si va trasformando in passione.
Non si tratta solo di dire di no, la nostra protesta non è una resistenza passiva, ma, al contrario un movimento attivo che produce azioni, mobilita idee e pensieri, fino a contaminare il professionale. Un esempio di questa contaminazione generativa è quello che sta succedendo a proposito della non adozione dei libri di testo.
Le case editrici ci impongono libri di testo costruiti secondo le indicazioni nazionali allegate al decreto 59? Bene, noi non li adottiamo. Ancora più grave è il fatto che le case editrici abbiano redatto i libri seguendo le “raccomandazioni”, quelle appendici alle indicazioni nazionali che poi sono sparite dopo la sperimentazione burla; ricordate?
Allora noi quei libri non li vogliamo, noi facciamo senza!
Questa protesta è importante perché non solo rivendica il rispetto di quelle procedure che garantiscono la democrazia e la pluralità, ma con essa noi ci ribelliamo al fatto che siano le case editrici, e quindi l’imprenditoria, il mercato, a dettare i programmi scolastici, a imporci i contenuti disciplinari, a dirci come fare scuola.
Noi pensiamo che possiamo farcela. Possiamo farlo in molti. Abbiamo cominciato timidamente, dicendo, con un tono sommesso:
- una soluzione ci sarebbe, ma costa fatica.
Si diceva, un po’ sottovoce:
- ci sarebbe l’adozione alternativa, si potrebbe costruire il libro di testo.
Lo si diceva come una provocazione, come una sfida, un grido lanciato nel vuoto senza troppa voglia di crederci. Perché costruire il libro da soli a scuola è dura. Un sacco di lavoro.
Da soli sì, ma in tanti?
E come spesso accade, vale la pena frequentare le utopie.
>>> continua...